Day 1: Il Giorno della Fiera
ATTO I: La pergamena del Druido
You talk far too much
For someone so unkind
Il sole sta per tramontare all'orizzonte e l'ennesima giornata sta per volgere al termine lasciando posto alla notte. Danielle ha iniziato la mattina presto a controllare il perimetro di Camelot, intercettando questo o quel carro di visitatori che stanno giungendo a corte da ogni angolo della Britannia in occasione del Torneo. Già, il torneo, quello che vedrà i Cavalieri migliori del regno sfidarsi per la mano della
Duchessina Isotta di Branlant. Chi la vincerà otterrà anche il ducato, dato che suo padre è morto. Al momento il feudo è nelle mani della
Duchessa Lore di Branlant, ma in un mondo dove non c'è quasi posto per le donne al potere, questa condizione non può durare a lungo. Danielle lo sa: non è forse lei stessa un esempio del fatto che le donne
vorrebbero ma non possono? Veste un'armatura, Danielle, ma non le spetta il titolo di Cavaliere, perchè lei è una donna e le donne non possono aspirare ad una simile posizione; suo padre è sempre stato molto chiaro su quel dettaglio. Ricorda bene quel discorso, così come ricorda le lacrime di sua madre davanti al suo desiderio di imparare a maneggiare le armi anzichè sposarsi e fare figli. L'unica altra via accettabile sarebbe stata quella di prendere i voti ma la Chiesa non l'ha mai chiamata a sé. È sempre stata la spada a chiamarla, il rumore del metallo contro le armature.
Dlen-dlen. Lo stesso rumore che aveva udito il giorno in cui suo padre la aveva salvata da un massacro, dandole una nuova vita. L'ennesimo mercante con il carro carico di merce attraversa le porte di Camelot ed è in quel momento che il suo nome rieccheggia nell'aria.
"Danielle".
Prima ancora di voltarsi, sa chi l'ha chiamata: è
Dreyfus, una delle sue guardie. Quella più scaltra, quella che chissà quanti agganci ha con il popolino. A Danielle piace Dreyfus: non si ammazza di lavoro se non è necessario ma è ben lieto di eseguire gli ordini più scomodi, quelli che lei detesta. Non le piace torturare le persone ma qualcuno deve farlo e, prima di Dreyfus, quel qualcuno era lei. Ora, con lui accanto, spesso può delegare a lui. Come è successo a Londra, la prima volta, quando quella vagabonda era accusata di aver maledetto un Cavaliere nel nome degli antichi déi. È stato lui a farla confessare e, da allora, hanno lavorato insieme. Ne hanno passate tante, insieme. Troppe, forse. Più di quante i nobili cavalieri nelle loro armature scintillanti potrebbero immaginare.
Sir Ulfin vuole vederci . Un cenno del capo, la presa sull'elsa della spada che aumenta impercettibilmente, mentre insieme si avviano al limitare del cortile, lì dove il
Primo Cavaliere del Re, Sir Ulfin di Severn li attende insieme a
Lambert, l'altra guardia cittadina, devoto uomo di Chiesa che però Danielle ha beccato a giocare a dadi in più di un'occasione.
"Voi dovete spiegarmi come è possibile che quel druido si sia ammazzato mentre era sotto la vostra custodia." Le imprecazioni che accompagnano quella domanda indiretta si sprecano, come sempre: quel Cavaliere spocchioso e pieno di sé tratta tutti loro sempre in quel modo, come degli idioti che non sanno fare il loro lavoro. Peccato che il più grande problema, nel loro caso, sia la mancanza delle forze necessarie. Sono solo in tre per un'intera corte e, con anche i visitatori da fuori Camelot, il loro lavoro diventerà ancora più estenuante. Se solo i Cavalieri contribuissero ad aiutarli un pò con quei lavori anzichè starsene a fare...qualunque cosa facciano al cospetto del sovrano, mentre lei è in giro a sporcarsi le mani.
"Cos'hai da dire Danielle?" Niente. Lei non ha proprio niente da dire perchè non c'era: lei era di ronda all'esterno. Il suo sguardo scivola verso Lambert e Dreyfus ma nessuno di loro fiata: qualunque cosa diranno non placherà l'ira del loro diretto superiore.
"Un episodio del genere non deve più succedere, CHIARO?" Rispondono quasi in coro, mentre Danielle continua a tenere all'interno del suo campo visivo periferico le sue guardie, cercando invano di saggiarne l'umore.
"La carovana della Regina è stata attaccata da quegli schifosi sassoni venendo qui" bercia ancora Sir Ulfin e la presa di Danielle aumenta ancora di più sull'elsa mentre si costringe a non lasciar trapelare alcuna emozione, alcuna protesta verbale.
"Dovete controllare ogni carro, ogni mercante, ogni uomo che entra in città" -
"come se non lo avessi fatto sino ad ora" pensa lei -
"E scoprire cos'era quella pergamena che il druido aveva addosso.""Sir Ulfin il Re chiede di Voi."L'arrivo di un membro della servitù la salva da ulteriori improperi, ma non da un ultimo ordine:
"Guardati attorno e se trovi qualcuno che possa essere affidabile, vai da Veronica a chiederle delle monete per assoldare un'altra Guardia: ne abbiamo bisogno, anche perchè uno di voi dovrebbe rimanere sempre con lei che è la contabile del regno, prima che qualcuno provi a derubarla." Quando lui si è ormai allontanato, Danielle può finalmente allentare la presa sula spada e smettere di pensare al tono schifato con cui Ulfin pronuncia la parola
sassoni. Così insieme alle sue due guardie fa qualche passo per avviarsi verso l'ennesimo giro di ronda,chiedendosi come farà a tenere sotto controllo anche Veronica.
"La pergamena che abbiamo trovato sul druido" esordisce Lambert spezzando il silenzio
"L'ho data a Marta, la sapiente della Corte del Principe: era scritta in una lingua sconosciuta e ho pensato che lei potesse tradurla." Il
Principe Madoc, il figlio bastardo di
Re Uther Pendragon, giunto a Camelot insieme al suo seguito di Cavalieri e Mercenari. Danielle lo conosce solo di vista ma una cosa l'ha capita, sentendolo parlare: è pieno di sé e si comporta come se il trono fosse destinato a lui, nonostante il Re non abbia mai sposato sua madre,
Lady Matilde; e ora che
Ingraine è diventata
Regina le sue pretese sulla corona si allontanano ancora di più.
"Hai fatto bene Lambert: andiamo a vedere se è riuscita a tradurla." La guardano entrambi come se si aspettassero di doversi dividere, qualcuno a Corte, qualcuno a controllare le bancarelle dei mercanti e uno di loro dal Principe.
"Vuoi che andiamo noi?" le chiede Lambert e lei non può fare a meno di chiedersi se lo faccia per rispiamarle una fatica o perchè non la ritiene all'altezza. Se lo domanda ogni qual volta le chiedono chi deve occuparsi di quale compito.
"No, andiamo tutti insieme." Non è quello che ha chiesto Sir Ulfin, ma non le interessa: Camelot è rimasta in piedi sino a quel momento senza nessuna guardia in giro per le vie, potrà sopravvivere ancora un'ora, specialmente con tutti quei cavalieri intenti a conversare ad ogni angolo del borgo. Se il Principe Madoc è davvero un tronfio ragazzino pieno di sé circondato da uomini pronti a eseguire come burattini ogni suo ordine, preferisce presentarsi lì in forza, al massimo della sua autorità.
"Il potere non è niente senza autorità" pensa, mentre a grandi falcate attraversa buona parte del cortile del Castello, diretta verso l'ala riservata a Madoc e al suo seguito.
"C'eri tu con il prigioniero: quando sono arrivato a darti il cambio dormivi." Alle parole di Lambert, Dreyfus sospira esasperato
"Ne sono consapevole ma non ricordo nemmeno di essermi addormentato! Non mi era mai capitato durante la guardia..." Danielle si volta di scatto e si ferma quasi di colpo, in mezzo al cortile, colpita da quella rivelazione. Dreyfus avrebbe dovuto interrogare il druido,
torturarlo se necessario invece si era...addormentato?
"Anche io però quando sono entrato ho iniziato a sentire addosso come un peso che mi spingeva a chiudere gli occhi ed è stato a quel punto che si è ucciso..." "Se era davvero un druido, forse ha fatto qualche incantesimo: questo spiegherebbe perchè sei crollato addormentato." Arriccia le labbra, Danielle, in un'espressione esasperata: magia, l'ultima cosa di cui ha bisogno a Camelot adesso, specialmente con le voci che corrono. Si dice che in città sia giunto un altro druido e rivelare a Sir Ulfin che tali ipotesi potrebbero essere più che fondate è l'ultima cosa che ha voglia di fare: la paranoia e il terrore non serviranno a niente e si scateneranno inevitabilmente.
"Sarà il caso di recuperare la pergamena e farla vedere anche a Merlino." Al momento è l'unico piano che riesce a formulare: un confronto tra la sapiente e il
mago del Re per capire se quella pergamena contiene un incantesimo, una maledizione o solo i vaneggiamenti di un pazzo. E per avere un parere più autorevole, non c'è nessun altro a cui chiedere. Se parleranno con Merlino, anche Sir Ulfin forse si tranquillizzerà.
Il cortile secondario di Camelot è semi-deserto, nonostante da lì si acceda sia alla Corte del Principe sia alla piccola Chiesa di Camelot, dove
Padre Conrad, il prete cittadino, ospita i membri del clero giunti a Camelot per la fiera e per discorrere con il Re. Non è difficile individuare l'accesso alle sale del Principe nonostante l'oscurità: è presidiata da due uomini armati e, oltre loro, si intravede un tavolo dove siedono numerose persone. Avanza per prima, le sue guardie al seguito, consapevole dell'impressione che dà: una minuta donna in armatura con due uomini ben più piazzati al seguito. Una nobildonna che si diverte a giocare al Cavaliere con le sue guardie al seguito. Così avanza decisa, mento alto e posa fiera, mentre soffia a Lambert una sola domanda:
"La vedi?" sicura che lui non avrà problemi a scorgerla oltre gli uomini di guardia, seduta al tavolo, se lì dovesse trovarsi.
"Mia Signora" l'epiteto è come sale sulle ferite: la disturba, forse perchè suona come una presa in giro più che come un segno di rispetto.
"Cosa cercate?" L'uomo è un Cavaliere:
Sir Gowel di Trent, uno di quelli che hanno combattuto in Cornovaglia contro i sassoni. Un
eroe di guerra.
"Danielle, il capo delle guardie di Camelot" si presenta anche se nessuno glie lo ha chiesto, giusto per mettere in chiaro che lei non è una dama qualunque della Corte del Re
"Abbiamo bisogno di discorrere con Marta di una pergamena che le è stata consegnata e che era nelle mani di un prigioniero, con una certa urgenza." Il cavaliere si volta, lancia una rapida occhiata al tavolo e alla riunione in corso, per poi tornare a guardarla
"Appena finiremo potrete parlarle, siamo occupati al momento. Fatevi un giro qui intorno e..." "No, grazie" non lo lascia finire, nel sentire gli stivali dei suoi uomini che stridono sul selciato, già pronti a girarsi e ad abbandonare la posizione al primo ostacolo, al primo ordine ammantato di cortesia che non sia suo
"Attenderemo qui tutto il tempo necessario." Il suo è un tono che non ammette repliche. Non intende andarsene da lì senza le risposte, non con Sir Ulfin che le alita sul collo per avere risposte. Al diavolo quel Cavaliere e le loro riunioni: resterà lì a dar loro fastidio finchè non si degneranno di darle udienza. Il cavaliere si ritira, qualcuno dal tavolo si volta verso di loro ma lei non si muove né lancia occhiate ai suoi uomini: non vuol sembrare debole o insicura. Resta lì a fronteggiare le guardie di Madoc - due
mercenari a giudicare dall'abbigliamento - con tutta la calma del mondo.
"Siamo appena arrivati a Camelot." Il silenzio lo rompe uno dei due, quello armato di spada e non di ascia, che si trova alla sua sinistra, mentre si stiracchia; l'altro se ne sta appoggiato allo stipite della porta come se la struttura avesse bisogno di essere sorretta da lui per non crollare su sé stessa. Danielle volta leggermente il capo verso di lui e sebbene i lineamenti siano ammantati dall'oscurità, riesce a scorgere un sorriso beffardo che gli taglia il volto
"è proprio bella, di sera." "La preferisco di giorno" "Davvero?" Danielle lascia morire la conversazione e smette di guardarlo, salvata in maniera propizia dall'arrivo di una donna dall'interno della sala: Marta, probabilmente. Non sa nemmeno lei perchè ha detto di preferire Camelot di giorno: forse perchè i pericoli e le insidie si nascondono tra le ombre e di giorno può illudersi di vederli meglio. O forse solo per troncare, sul nascere, quella stupida conversazione messa in atto per coprire il silenzio. Non ha importanza: la sapiente li ha raggiunti. Un cenno del capo a Lambert, un invito a chiedere ciò per cui sono lì. La conversazione è breve: ha la pergamena, ma non ha ancora avuto modo di tradurla. Può però affermare con certezza che è scritta in celtico e che si tratta di una qualche profezia che parla della resurrezione della Madre. Non possono fare altro che chiederle di farlo il prima possibile e di andarli a cercare non appena avrà scoperto qualcosa di più.
"Andiamo a riferire a Sir Ulfin?" "Non finchè non avremo qualche elemento in più: cerchiamo di prendere tempo e di avere risposte entro sera." ATTO II: le genti di Camelot
I feel like I'm falling, but I'm trying to fly,
where all the goods go?
Serve qualcuno di guardia mentre il Re si occupa delle udienze: la servitù è già andata a chiamarli. Dovrebbe andare lei ma per il momento delega a Lambert quel compito ingrato, spedendo Dreyfus a fare dei giri di ronda per controllare il mercato come è stato chiesto e per cercare Merlino. Non offre spiegazioni su dove andrà lei: a grandi passi, semplicemente si avvia verso un angolo del cortile dove ha intravisto camminare qualcuno che conosce bene:
Solomon, lo strozzino di Camelot, insieme ad uno dei suoi scagnozzi.
"Mia Signora" la saluta con deferenza e Danielle proprio non riesce a spiegarsi perchè quell'epiteto, pronunciato dagli uomini nei suoi confronti, le sembri sempre una presa in giro e non un modo per portarle rispetto.
"posso fare qualcosa per voi?" "Vorrei parlarvi da solo, se non vi dispiace" con un eloquente cenno del capo in direzione del suo scagnozzo. Attende, Danielle, che lo strozzino decida se ne vale la pena, se può rischiare di accompagnarsi ad una guardia da solo, senza il suo uomo armato.
"Rolf, vai a farti un giro" lo congeda mentre la segue, allontanandosi con lei in un angolo più appartato, lontano da occhi indiscreti. Parecchia è la bile che Danielle deve mandare giù nell'avvicinarsi ad un simile individuo per chiedergli un favore: sa che con i suoi metodi poco ortodossi tiene in pugno molti abitanti di Camelot e questa cosa le dà il voltastomaco. Ma con tutto ciò che avrà da fare in quei tre giorni non può permettersi di badare anche a quei piccoli criminali. Non ne ha le forze.
"Sappiamo entrambi di quali affari vi occupate qui a Camelot" esordisce, lanciandogli un'occhiata eloquente
"Di quali affari parliamo, se posso?" Una mezza risata le sfugge per un istante alle labbra: sfacciato, come ci si aspetterebbe da un individuo simile, che finge ingenuità e candore per celare lo sporco della sua anima.
"Suvvia Solomon, non insultate la mia intelligenza." Dlen-dlen. Nel fermarsi di colpo ha fatto tintinnare la sua spada contro il gambale di ferro ma non aveva alcuna intenzione di ricordargli chi ha una spada al fianco tra loro.
"Come dicevo, vi occupate di questioni per le quali io dovrei tenervi d'occhio e arrestarvi se dovessi cogliervi sul fatto." Si scambiano occhiate più che eloquenti, mentre parlano.
"Questo vi rovinerebbe inevitabilmente gli affari e, indubiamente, creerebbe problemi anche a me perchè qualcuno prenderebbe il vostro posto. Perciò sono qui per proporvi un accordo." Le costa fatica, ma sa che è la verità: ha bisogno di alleati, anche scomodi e Solomon quantomeno sa di che pasta è fatto. Un altro strozzino potrebbe crearle molti più problemi.
"Voi non mi darete ragioni per prendermela con Voi e io vi lascerò in pace. In cambio, terrete sotto controllo per me l'umore del popolo. E gli affari andranno bene per tutti." Un sorriso, un cenno del capo accondiscendente
"Mi sembra un ottimo accordo." Eppure puzza di marcio fino al midollo per Danielle, mentre lo guarda allontanarsi. Si chiede dove sia finito il suo onore, visto che è addirittura arrivata a scendere a patti con uomini simili.
"Lo hai sepolto molto tempo fa" ammette con amarezza, ripensando alle torture, alle persone scuoiate vive e alle dita mozzate; alle sentenze di morte eseguite per conto del Re. Lo sporco lavoro che qualcuno deve pur fare e quel qualcuno è sempre lei. Con quei pensieri amari in mente si avvia verso la corte: ha bisogno di fermarsi un attimo e, chissà, magari Uther vorrà il suo parere su qualche udienza, come aveniva a Londra.
Supera Lambert che con un cenno del capo le riferisce che è tutto a posto e si accorge che anche Dreyfus è lì, accanto al tavolo del Re; arriccia le labbra e prosegue, tenendosi rasente la parete, così da avvicinarsi al trono proprio mentre l'altra guardia torna di ronda. La duchessa di Branlant è accanto al Re, insieme a Sir Ulfin e stanno confabulando.
"Danielle!" Il suo volto si illumina quando il Re la chiama e con un cenno della mano la invita ad avvicinarsi. Improvvisamente ogni cosa sembra tornata al suo posto e lei è di nuovo una figura rilevante, qualcuno che il Re ascolta senza lasciarsi avvelenare da quegli invasati dei suoi cavalieri...quantomeno sino a quando il sovrano non apre bocca.
"Andate all'esterno, fate un giro del cortile e controllate che sia tutto a posto." Il mondo le crolla improvvisamente addosso.
"L'ho già fatto Altezza" risponde, ma forse con troppa poca convinzione; lui la liquida con un cenno della mano e lei, chinando il capo, non può fare a meno di ritirarsi. Non è ancora sulla soglia quando un uomo entra di corsa, spintonando due cavalieri: trattiene un'imprecazione nel vedere che Lambert non è al suo posto a fare la guardia. Non fa nemmeno in tempo ad estrarre la spada che l'uomo è già a terra, colpito dai due che lo inseguivano.
"Che diavolo succede qui?!?" Le urla irate di Sir Ulfin giungono dalle sue spalle mentre l'uomo la raggiunge e assesta un sonoro calcio al neo-prigioniero, che non fa altro che sputare a terra e insultare il Re e tutti loro. Un sassone che li chiama usurpatori. Nulla di nuovo, non fosse che questo è riuscito ad entrare nella sala del trono senza essere fermato. Vorrebbe lasciarsi sfuggire un'imprecazione ma non ha il tempo nemmeno di fare ciò: il Primo Cavaliere del Re ha già intimato che venga portato all'esterno e giustiziato. Non può fare altro che seguire i due Cavalieri per mettere in pratica l'ordine. Nell'oscurità del cortile, però, non è lei ad estrarre la spada.
"Dove sono le guardie?" chiede uno dei due
"Sono qui" risponde lei, ma quella notte sembra essere un fantasma: nessuno si accorge di lei. Il
Sir non la sente.
"Se non ci sono, lo faremo noi." E la lama cala. Non che le dispiaccia, essersi risparmiata un'esecuzione, ma la frustrazione, se possibile, ha già raggiunto livelli insostenibili. Così, mentre la corte mormora, lei supera tutti e si avvia al posto di guardia, dove intravede due figure sedute, troppo minute per essere le sue guardie.
"Avete bisogno di qualcosa?" domanda quando le raggiunge, facendole quasi sobbalzare.
"No, noi... stavo solo parlando con mia sorella, che è appena tornata a Camelot dopo tanti anni passati lontana. Volevamo solo un posto tranquillo dove parlare." Danielle non le guarda nemmeno bene in faccia, sentendosi improvvisamente fuori luogo. Quel tipo di discorsi, quelle conversazioni tra ragazze, per lei non sono mai esistite: non ha mai avuto amici tra le sue coetanee, un pò perchè lei aveva sempre in mano uan spada, un pò perchè a casa nessuno voleva avvicinarsi ad una
sassone. Poco importava se quella bambina era cresciuta tra loro e poco ricordava delle sue origini. Forse non la chiamavano "sassone" apertamente, ma la trattavano come tale. E se non la avevano mai uccisa era solo grazie al nome dell'uomo che la aveva scelta come figlia. Sente qualcosa che la pungola nel petto a quell'idea, mentre la solitudine striscia dentro di lei. Dreyfus è riuscito a farsi molti amici a Camelot; Lambert è cresciuto lì e conosce tutti. E poi c'è lei, che al massimo riesce a prendere accordi con uno strozzino.
"Lo capisco. Allora potete restare qui, ma non rimanete troppo a lungo: più tardi, quando gli uomini alzeranno troppo il gomito, qui potrebbero avvenire spettacoli spiacevoli." Accenna con un movimento della mano alla cella alle loro spalle e agli strumenti di tortura presenti sul tavolo e le due ragazze strabuzzano gli occhi, realizzando solo in quel momento dove si trovano.
"Voi quindi siete il capo delle guardie! Posso chiedervi come se la sta cavando Lambert? Siamo amici sin dall'infanzia e so che ci tiene a proteggere la città." Altro sale sulle ferite, ma sorride
"Si comporta egregiamente. È un uomo onesto e un aiuto prezioso." Si congeda così, avviandosi verso le botteghe, alla ricerca di Mastro Zeno, il fabbro di paese, lo stimato rappresentante del popolo, per saggiare l'umore degli abitanti, ma non lo trova al suo posto. C'è solo il suo aiutante che la informa che Mastro Zeno è lì in giro, da qualche parte, a parlare con la gente. In quel momento, la avvicina e la ferma un Sir giovane e ben vestito.
"Capitano!" la chiama e lei si ferma per ascoltalo.
Sir Ceu di Wilford, si presenta così: sta cercando sua cugina
Artia insieme alla sua famiglia perchè a quanto pare si è allontanata e non riescono più a trovarla e vorrebbero l'aiuto delle guardie. Non che possa negarglielo in ogni caso. Il nobile la ringrazia e fa per allontanarsi, ma Danielle si vede costretta a fermarlo: se vogliono un aiuto le servono più informazioni.
"Potete fornirmi una descrizione della ragazza?" Il ragazzo sembra pensarci un attimo poi agita una mano nell'aria, accanto alla testa di lei
"Alta più o meno come voi, capelli scuri, vestita da uomo." "Farò il possibile" replica, chiedendosi come possa ritrovare una ragazza con una descrizione così sommaria e priva di dettagli. Ma non avendo di meglio da fare, inizia la sua ricerca: non appena riuscirà a trovare Dreyfus e Lambert, riferirà anche a loro.
Passa davanti alla merce esposta e un mercante di tessuti si offre di farle provare un abito: rifiuta e prosegue, fermandosi a comprare un pò di pane e formaggio da una bottega. Lo mangia appoggiata ad una delle colonne del porticato, nascosta tra le ombre, immersa nei suoi pensieri. Guarda la gente sfilare davanti a lei senza vederli davvero. Continua a pensare a come la sua figura, a Londra tenuta così tanto in considerazione, ora non abbia più alcun valore. Nient'altro che un'ombra, lontana da tutti i mondi che lì si stanno intrecciando: non una popolana, non una donna di corte, non una visitatrice. Lei non è niente di tutto ciò. Lei non è niente. Con la rabbia che ribolle nelle vene si pulisce le mani sulla cappa da guardia, si stacca dalla parete e si avvia a grandi passi verso la Locanda, alla ricerca di un pasto un pò più caldo e piacevole e di una meritata pausa: è stufa di vagare all'esterno senza ottenere nulla.
Passa accanto ad una giovane che sta mangiando esattamente come lei poco prima ma non le presta attenzione: si sente talmente
sprecata per un simile compito, Danielle, che non si rende conto di quanto, certi dettagli che non sta cogliendo, le si ritorceranno contro nei giorni a venire. Davanti a qualcuno però si ferma eccome: è un ragazzo, fermo immobile da solo che si guarda attorno nell'oscurità.
"Posso aiutarvi? Sono il capo delle guardie." Non ha una ragione precisa per fermare proprio lui: è l'istinto a spingerla, qualcosa che le dice che potrebbe essere la persona che cerca. Lui pare sorpreso e tentenna.
"Io, veramente... no, stavo solo cercando mia moglie. Credo sia andata a salutare delle vecchie conoscenze ma l'ho persa di vista." La luce delle torce è troppo esigua per permetterle di vederlo bene in faccia, ma non le pare nessuno dei popolani di Camelot.
"Vostra moglie è di Camelot?" "Sì, è stata lontana dalla sua famiglia a lungo e ho deciso di riaccompagnarla qui in occasione del torneo. È un'aspirante cerusica e credo le piacerebbe confrontarsi con Maestro Simon." Annuisce, Danielle, tra sé e sé.
"Voi? Di cosa vi occupate invece?" Abbassa lo sguardo per osservarsi la punta delle scarpe e pare colto in contropiede, ma le risponde comunque
"Io, in verità, sono alla ricerca di un impiego. So usare la spada, ero un mercenario ma quella vita non fa più per me. Vorrei trovare un lavoro qui a Camelot, così da donare un pò di stabilità anche a mia moglie, senza strapparla alle persone che le sono care." Un sorriso scioglie i lineamenti seri del capo delle guardie a quelle parole
"Sì, so cosa vuol dire sentire la nostalgia di casa." Un breve silenzio interrompe quella conversazione e Danielle non può fare a meno di sentire il suo cuore piegarsi davanti a quel ragazzo, alla dolcezza con cui parla della moglie. Non lo conosce bene ma lo sente nelle sue parole, quell'amore che lo porta a voler smuovere il mondo per lei, a proteggerla da tutto e tutti, a fare ciò che è in suo potere affinchè sia felice. Un mondo che non sarà mai il suo, ma che può aiutare a germogliare.
"A me servirebbe una guardia in più. Se vi dimostrerete all'altezza, potrete lavorare per me." Il volto di lui si illumina come se gli avesse appena fatto un immenso regalo e già inizia a ringraziarla per quell'opportunità; per la prima volta quella sera, Danielle si concede una risata divertita.
"Non è ancora un'offerta definitiva: dovrete dimostrarvi all'altezza. In ogni caso, parlerò con Maestro Simon di vostra moglie." "Certo, ovviamente." Si corregge lui, riempiendola di ulteriori ringraziamenti per la sua volontà di parlare della donna al
cerusico del Re. A quel punto, Danielle può congedarsi da
Denis e proseguire verso la Locanda.
La trova gremita di gente, come è normale che sia durante una fiera, ma riesce comunque ad accaparrarsi una ciotola di zuppa e un bicchiere d'acqua. Trovare un posto dove sedersi però, è tutta un'altra storia. Una porzione di panca è libera accanto a Dreyfus, intento a conversare con Mastro Zeno e così, senza domandare permesso, va a prendere posto accanto a loro. Cenni di capo, saluti cortesi, mentre silenziosamente segue la loro conversazione: stanno parlando dei visitatori giunti a Camelot e delle insidie lungo il percorso. A quanto pare non è stata solo la carovana della Regina ad essere stata assaltata: dal tavolo accanto si sentono anche mercanti e feudatari lamentarsi di ostacoli lungo la via. Una smorfia perenne rimane sul viso di Danielle tra un boccone e l'altro: così tanti problemi così vicino a Camelot possono solo significare che giungeranno sin lì, come una tempesta impossibile da arginare. Si bisbiglia anche della peste ad est e il borgo non è attrezzato per gestire un'epidemia: se dovesse scoppiare, non ci sarebbe un Lazzaretto dove lasciare i malati per evitare il diffondersi del contagio. Poi la conversazione vira sull'elezione del rappresentante del popolo.
"Non so se potrò effettivamente partecipare alla votazione" afferma Dreyfus mentre butta giù l'ultimo sorso di birra; rivoli umidi ne bagnano la barba scura, ma si pulisce con un ben assestato movimento del braccio
"Non vengo propriamente considerato uno del popolo." Mastro Zeno si alza e, senza che nessuno glie lo abbia chiesto, paga la cena ad entrambi, mentre replica a Dreyfus
"L'importante sarà esserci e far sentire comunque la propria voce." Così si congeda il fabbro e la guardia lo segue poco dopo, lasciando Danielle concentrata sul cibo. Rimescola la zuppa, più che mangiarla, per nulla sorpresa del fatto che Zeno stia cercando consensi da qualcuno che non è lei: di tutte le guardie lei è decisamente la più vicina alla corte. Potrà persino votare per eleggere il Governatore di Cornovaglia, perchè mai farla votare anche per il rappresentante del popolo? Anche se non avesse quel privilegi, lei deve mantenere l'ordine: un suo voto potrebbe essere giudicato poco appropriato in ogni caso. Il peso del comando, dopo tanti anni passati a portarlo con orgoglio, inizia a essere un grave fardello sulle sue spalle. Ammetterlo le costa fatica, una fatica immensa, ma nel silenzio della sua mente può farlo, mentre Lambert prende rumorosamente posto sulla panca al suo fianco; poco più in là allo stesso tavolo, la suora venuta da Roma si alza e si allontana. Sta quasi per chiedergli dove diavolo fosse finito e perchè non era di guardia all'ingresso, quando una voce la costringe a voltarsi dalla parte opposta del tavolo.
"Possiamo sederci con Voi?" "Certo Padre." I cenni suoi e di Lambert si sprecano nei riguardi di Padre Conrad, che prende posto insieme ad un'altra popolana di Camelot, vicino a loro. La conversazione vira ben presto sul sassone arrivato sino alla sala del trono e sul perchè dell'esecuzione: il prete di Camelot, del resto, ha visto solo quella, senza conoscere l'antefatto.
"Povera anima affranta, che il Signore possa avere misericordia di lui."Senza aggiungere altro, Danielle si alza e prende congedo, tornando dal Re. Fa un rapporto sommario, il più rapido possibile, ed è allora che il sovrano le chiede della Regina.
"Non è ancora arrivata?" "Non ne ho idea Altezza, io non l'ho vista." "Bhe, andate a cercarla." Non ha idea di quanto abbia bevuto il Re, della ragione per tutto quel nervosismo, ma sa che non può permettersi di rispondere a tono a nessuno, specialmente a lui così, nonostante il compito ingrato, si allontana. È sulla soglia che incrocia
Sir Baldwin di Bretagna, il Campione del Re che, incredibilmente la ferma.
"Posso parlarvi?" Un secco cenno del capo, perchè ora l'ultima cosa che Danielle ha voglia di fare è di parlare con un cavaliere: vorrebbe solo andare a sedersi al posto di guardia, togliersi l'armatura e urlare tutta la sua frustrazione. Ma la posata, composta Danielle non dà mai in escandescenze, così si ferma a parlare.
"Mi hanno riferito che voi guardie avete torturato e ucciso mia sorella." Un silenzio irreale cala tra di loro e Danielle non può fare a meno di domandarsi di cosa stia parlando Sir Baldwin. La sua mente corre veloce e l'unico morto che ricorda dopo le torture è la vagabonda torturata da Dreyfus a Londra.
"Non mi risulta" gli risponde quindi, cercando di imprimere nella sua voce la maggior convinzione possibile
"Ma se qualcuna delle mie guardie dovesse aver torturato a mia insaputa qualcuno che non doeva essere toccato, prenderò i provvedimenti necessari. Se dovessi scoprire qualcosa, ve lo riferirò." Ancora più bisognosa d'aria, Danielle si avvia all'esterno, diretta all'ala del Castello riservata ad Ingraine e al suo seguito. L'oscurità ammanta ogni cosa e riuscire a riconoscere le figure presenti nella notte èquasi impossibile. Eppure ecco che una voce femminile la chiama per nome: è la Regina.
"Altezza" un profondo inchino accompagnato da una domanda che la porta a mordersi la lingua
"Per quale motivo vi aggirate per il mio giardino?" Danielle ringrazia l'oscurità che può mascherare il suo sorriso amaro. Non riesce a capire perchè tutti le facciano quelle domande stupide, perchè tutti la trattino come l'ultima delle serve e non come il capitano delle guardie.
"Perchè sono il capitano delle guardie e devo sorvegliare ogni anfratto di questo borgo, anche gli angoli dove vi rintanate a tramare voi nobili." "Mi manda a chiamarvi il Re: vi attende a Corte con una certa urgenza." "Ditegli che sarò da lui tra non molto." Ha perso il conto delle volte che ha dovuto ingoiare la bile quella sera. Gira sui tacchi e torna a Corte, consapevole che lei, in quanto improbabile messaggero, dovrà subirsi tutta l'ira del sovrano.
ATTO III: i Venti della Guerra
You think I’ll apologize for things I left behind
But you got it wrong And I’m as sane
as I ever was
"La Regina mi ha detto di riferirvi che sarà presto da voi.""Bhe, ditele di muoversi che non abbiamo tempo da perdere."Siccome il suo umore non è già abbastanza nero, ecco che il destino decide di farle incrociare Sir Ulfin che sta rientrando nella Sala del Trono.
"Danielle." Quella sera vorrebbe decisamente cambiare nome e svanire nel nulla.
"Avvisa anche Lambert e Dreyfus, dovete assolutamente trovare una ragazza: la stanno cercando anche i suoi parenti e deve essere portata al cospetto del Re il prima possibile. Si chiama Artia di Calivel" Aggrotta le sopracciglia il capo delle guardie, perplessa davanti a questa strana coincidenza; non dice tuttavia a Sir Ulfin di aver già avuto notizia di una ragazza scomparsa e di aver rimandato le ricerche credendo, scioccamente, che fosse solo un moto di ribellione passeggero, uno di quelli che lei stessa conosce bene.
"Posso sapere come mai deve essere portata al cospetto del Re?" "Ha rubato delle mele alla Regina." La faccia di Danielle deve tradurre tutto il suo stupore e la sua incredulità, perchè il Primo Cavaliere del Re si affretta ad aggiungere.
"Lei sembra aver preso a cuore questa questione." "Faremo il possibile." Si allontana imprecando, Danielle, chiedendosi cosa abbiano mangiato per cena i nobili per fare quelle richieste assurde. Con il caos della fiera, le chiedono di cercare una ragazzina rea di aver rubato un paio di mele? È con tono alterato e scettico che lo comunica a Dreyfus e insiste con Lambert affinchè trovi Merlino e gli riferisca di Marta e della pergamena; l'unica buona notizia, in effetti, è che in quel momento Marta si sta occupando della traduzione della pergamena nella tranquillità del posto di guardia. Perchè Danielle sa che molto presto Sir Ulfin le chiederà conto di quanto successo. Iniziano così a vagare per il Castello e all'esterno dello stesso, alla ricerca di questa ragazzina, senza però avere successo. All'ennesimo giro infruttuoso, Danielle fa un salto in Locanda per recuperare dell'acqua, prima di ricominciare a girovagare ed è lì che trova Lambert, intento a giocare a dadi. Lo fulmina con lo sguardo ma non gli dice niente: non ha le forze di discutere, in piena notte, di quanto sia sbagliato il suo comportamento. Esce dalla locanda ma non può fare a meno di sentire la voce di Sir Ceu dietro l'angolo.
"Ma dov'erano le Guardie? L'ho trovata una volta io, una volta gli uomini della Regina..." Una cosa in meno a cui pensare: la ragazza è stata ritrovata e lei può tornare a occuparsi di qualcosa di serio. Per un istante pensa che forse le mele erano una scusa e che sotto deve esserci dell'altro, ma chi è lei per indagare oltre se non le riferiscono i dettagli salienti?
Sembra quasi che l'universo se ne sia accorto, della sua crescente frustrazione, perchè ecco che, finalmente, individua Merlino. Lo chiama a gran voce, avviandosi verso di lui, raccontandogli di Marta, della pergamena e della profezia del druido.
"Risorgere come nostro signore?" domanda lui scettico e Danielle non sa rispondergli: non ha la pergamena e, quando lui glie la chiede, non può fare a meno di dirgli che è ancora nelle mani di Marta
"Credo che la cosa più saggia sia farmi parlare direttamente con questa sapiente così che io possa confrontarmi direttamente con lei." "Se solo Lambert stesse facendo il suo lavoro..." Dreyfus non è da meno: anche lui sembra sparito da ore. Così riparte lei alla ricerca di Marta, senza perdere ulteriore tempo. La trova accanto ad un bracere, a conversare con una dama venuta da fuori Camelot.
"Mi dispiace dovervi interrompere" esordisce Danielle, ma il suo tono non è conciliante: sembra che nessuno prenda a cuore le questioni rilevanti, quella sera, tutti troppo concentrati a divertirsi e ubriacarsi. Marta sembra capire l'urgenza perchè si congeda e si affretta a seguirla.
"Ho bisogno che parliate con Merlino di quella pergamena e che vi confrontiate tra di voi." La porta dunque dal mago e li lascia confabulare, ma tutto ciò che riesce a cogliere è la richiesta di Merlino di venir informato se dovesse scoprire qualcosa di più.
Non può tuttavia trattenersi a lungo con loro, poichè a quanto pare un uomo di nome
Sampson ha individuato un altro
eretico, qualcuno che probabilmente viaggiava con il sassone che è entrato nella sala del trono per sputare ai piedi del Re e, ovviamente, i Cavalieri vogliono che sia lei ad occuparsene. Non prova nemmeno a cercare le altre sue guardie ma, per fortuna, sembra che siano stati entrambi avvertiti. L'uomo,
Beda, prova a scappare, ma alla fine viene catturato. Non sa bene chi decida di portarlo al cospetto del Re, fatto sta che a lei pare una pessima idea; non ha però la forza né la voce per dirlo. È troppo stanca Danielle: vorrebbe solo stendersi sul suo giaciglio e non pensare più a niente. Così li lascia fare e quando Sir Ulfin si infuria nel sentire l'uomo blaterare sul fatto che le guardie nella sua città gli hanno ammazzato i maiali e tolto le pietre votive e che
nessuno si ricorda più dei propri nonni e di ciò che facevano per tenere lontani gli spiriti le urla del Cavaliere di Severn riempiono l'aria.
"Portatelo fuori da qui e tagliategli la testa." Nient'altro che un povero pazzo che verrà giustiziato in un battito di ciglia, non fosse per l'intervento della Chiesa. Il
nunzio papale,
Padre Anselmo è lì ed ha assistito alla scena: vuole interrogarlo prima che venga eseguita la sentenza. Danielle acconsente: chissà, forse con un pentimento davanti a Dio lo lasceranno vivere. Parla di pietre votive, il popolano. Pietre votive messe attorno al campo per allontanare gli Spiriti maligni; pietre che gli hanno intimato di togliere ma che lui non ha spostato. Solo a quel punto gli hanno ucciso i maiali. Il
Reverendissimo Athelstan, l'Arcivescovo di Canterbury, che li ha raggiunti per l'interrogatorio, si offre di risarcire il costo dei maiali, a patto che l'uomo rinunci alla sua fede, alle sue pietre. Ma Beda non sa quantificare il costo di quei maiali e i soldi dei preti
non li vuole. Quando ormai la condanna sembra definitiva, ecco che il
Principe Madoc li raggiunge. Si offre a sua volta di pagare il debito, chiedendo all'uomo di pensare alla sua famiglia, ai suoi figli. Beda, i soldi di un principe, è disposto ad accettarli, ma vuole comunque le sue pietre. E quella è al sua condanna definitiva. Lo trascinano in catene ai ceppi ed è lì che la sua testa viene tagliata da Dreyfus. Dovrebbe essere lei il boia, non lui, ma quella notte nessuno sembra considerarla davvero; e forse, per una volta, è meglio così. Nella sua testa risuonano alcune della parole del Principe, rivolte a Beda.
"Se mio padre non è in grado di badare al popolo, è mio compito pensarci al posto suo.""Siete voi il capitano delle guardie?" la voce che la raggiunge dopo l'esecuzione, mentre erra per il giardino, appartiene alla figura filiforme di una ragazza con una spada in vita. Vestiti non troppo raffinati ma sguardo affilato e determinato, mentre avvolta in un mantello cerca di resistere al freddo della notte.
"Il mio nome è Pauline" si rpesenta la ragazza, raccontandole la sua storia. ha combattuto contro i sassoni, al fianco di importanti cavalieri e anche lei vorrebbe diventare uno di loro.
"Non si vedono molte donne nella vostra posizione; mi piacerebbe conoscere la vostra storia." Vorrebbe dirle che non c'è niente di speciale, che è una sciocca a credere di poter diventare un cavaliere, perchè certi ruoli non li daranno mai alle donne, ma non lo fa.
"Il merito è di mio padre. Lui era un Cavaliere e quando gli ho detto che avrei tanto voluto seguire i suoi passi, nonostante sapesse di non potermi far nominare cavaliere, ha fatto in modo che avessi a mia disposizione i migliori maestri d'armi possibili. Consapevole che avrei dovuto fare il doppio della fatica, perchè quando si tratta di noi, veniamo sempre sottostimate." Il sorriso che tende le labbra di Pauline lei lo conosce bene: è lo tesso che spesso tende le sue.
"Se domani, col favore del giorno, vorrete provare ad allenarvi con le guardie, sarete la benvenuta." La congeda con quella promessa, intenzionata ad andare a fare rapporto a Sir Ulfin, quando si accorge che
Sir Uriegant la sta cercando. A quanto pare sono stati avvistati dei banditi nel bosco.
"Sto raccogliendo il maggior numero di uomini possibili: cercate Sir Gowel, dovrebbe essere alla Corte del Principe. Ditegli che vi mando io e lo aspettaimo per combattere." Così Danielle prende Lambert e si avvia a cercare Sir Gowel. Inutile dire che l'uomo non sembra particolarmente incline ad ascoltarla, ma quando lei inizia a parlargli di
banditi nel bosco ecco che lui sbatte il bicchiere sul tavolo e
"Questa serata è appena diventata interessante!" Si alza, sia rma e inizia a seguirli.
"Quanti sono?" domanda.
"Quattro o cinque: la donna aggredita non è stata chiara, era troppo spaventata." Non aspettano gli altri cavalieri, Sir Gowel è troppo impaziente.
"Hanno detto che erano in due o tre" le sussurra Lambert
"Se gli avessi detto così, non sarebbe venuto con noi..." replica asciutta, addentrandosi nel bosco. Ma per quanto cerchino, non trovano nulla se non, sulla via del ritorno, Sir Uriegant con alcuni mercenari, intenzionati a fare un secondo giro di ronda. Danielle potrebbe aggregarsi a loro, ma preferisce di no; ringrazia Sir Gowel e si allontana, chiedendosi ancora una volta dove possa essersi cacciato Dreyfus. È a quel punto che i suoi passi incrociano nuovamente quelli di Denis e si ferma a parlargli, conoscendo così sua moglie, Dana, alla quale riferisce che, durante il suo continuo girovagare notturno, ha incrociato
Maestro Simon, il Cerusico di corte, che le ha esplicitamente chiesto di poterla conoscere. Si intratterrebbe ulteriormente e molto volentieri a parlare con loro, ma la quiete notturna viene squarciata da un urlo.
"LA MIA IRIS! DOV'È LA MIA IRIS? FATEMELA VEDERE!" le urla disperate di una donna attirano lei e Lambert. Senza pensarci due volte, si avvia di corsa verso la tenda del cerusico, trovandovi attorno un discreto campanello di persone che bisbigliano della peste che ha raggiunto la città.
"Mi hanno aggredito tre banditi, i volti coperti da bende..." Queste le parole della popolano riportate da Sir Uriegant. Volti coperti dalle bende...forse per nascondere i segni della malattia? Un brivido attraversa il corpo di Danielle che, sgomitando, supera il campanello di curiosi per avvicinarsi all'ingresso.
"Iris? Iris è morta?" La voce di Lambert pare sconvolta ed è in quel momento, intravedendo il volto pallido della ragazza oltre la tenda posta a protezione del suo corpo, che capisce: Iris è la ragazza seduta al posto di guardia che le aveva chiesto proprio di Lambert. Un brivido le percorre la schiena, mentre Mestro Simon e spiega che non è peste - come erroneamente ha supposto Dahlia, la cerusica di paese - ma il segno di un avvelenamento.
"È MIA FIGLIA, FATEMELA VEDERE!" continua ad urlare l'armaiola <b>"Mia sorella...come sta mia sorella?" domanda la novizia che sorregge la madre e Danielle è costretta a tenerle a distanza. È costretta a chiedere a Lambert di fare lo stesso, di disperdere la folla poco alla volta, perchè dai bisbigli che sente provenire all'interno sa che la situazione è grave: da quello che ha avuto modo di capire, la ragazza aveva assaggiato il vino del Re. In quel momento, un membro della servitù la raggiunge.
"Nadja ha bisogno di parlarvi." Così Danielle si allontana, diretta da quella che, a modo suo, considera un'amica. Nadja è la capa della servitù di Re Uther e non è raro che si scambino informazioni e confidenze; quella stessa sera, tra un passaggio e l'altro a corte, Danielle ci ha scambiato qualche parola, nel caos delle sue ricerche.
"Danielle!" Il sollievo nella voce di lei colpisce il capo delle guardie come una pugnalata: vorrebbe offrirle maggior protezione, maggior sicurezza, ma quella sera non è così sicura di esserne all'altezza. Ciò che le rivela Nadja è qualcosa che Danielle sospettava già: la giovane Iris ha bevuto dallo stesso calice del Re e ora sono tutti in allarme. Ma per quanto i cavalieri lo abbiano richiamato - Danielle, appostata in un angolo con Nadja, li vede sfrecciarle accanto per avvertirlo - lui non da peso alle loro parole.
"L'intera corte ha bevuto da quella stessa coppa: se fosse stata avvelenata saremmo morti tutti." Il cerusico di corte è sconvolto quanto tutti loro, ma Danielle non ha tempo di preoccuparsi di altro: si concentra con Nadja che sembra avere altre informazioni per lei:
"La dama di compagnia della Regina, l'ho vista confabulare con la consigleir della regina. C'è stato uno scambio di denaro... e anche adesso le due sembrano molto vicine. Ho cercato di seguirle per sapere di cosa stessero parlando, ma si sono accorte di me purtroppo." Danielle nons a più cosa pensare: non riesce a trovare una spiegazione logica per la quale la Regina possa tramare contro il Re, sebbene probabilmente la conquista dei loro territori bruci ancora sulla pelle degli sconfitti. Re Uther li ha schiacciati con il suo esercito, ha ucciso il Duca Gorlois di Cornovaglia che era il marito di Ingraine per prenderla in sposa. Ha una sua logica ma le sembra così sbagliato come ragionamento.
"Cercherò di controllarle anche io, ma come sapete io di certo non passo inosservata." La capa della servitù annuisce e si congeda, richiamata al suo dovere e Danielle si reca nella sala del Trono, anche se ormai il Re è uscito per andare a farsi visitare dal cerusico, su insistenza della corte. Si lascia cadere su una panca accanto alla contabile, versandosi un generoso bicchiere d'acqua, la mente ancora affollata da mille pensieri.
"Ahhh Danielle, cercavo proprio te" il sollievo nella voce di Sir Ulfin è quasi fuori luogo, ma è tutta la sera che anche lei lo insegue dunque è un bene che si siano finalmente trovati.
"Vado a prendere dell'altra acqua" annuncia Lambert, capendo sind a subito che quella conversazione necessita di essere il più possibile privata. Attorno al tavolo ci sono Veronica e suo fratello
Roland,
il Maestro di Cerimonia, lei, Sir Ulfin, Sir Baldwin, la Contessa di Branlant e un uomo che Danielle ha intravisto alla Corte di Madoc: il
Barone Brumeus.
Perchè lo fanno patecipare? si chiede, ma non lo domanda ad alta voce; è tutto il giorno che si susseguono udienze e proclami. Per quello che può saperne lei, il ricco fedautario può anche essersi guadagnato la fiducia del sovrano. Ancora una volta non sta a lei disquisire su queste questioni. Sente il grave peso delle responsabilità sulle spalle ora, mentre Sir Ulfin le chiede un rapporto completo. Gli riferisce del controllo al mercato, del sassone, di Beda -
"Bene, molto bene" è ciò che ripete ad ogni rapporto, con particolare enfasi quando si parla della morte dei sassoni - della ragazzina, dei briganti nel bosco e, infine, dell'omicidio. Chiaramente ora devono scoprire chi ha avvelenato la ragazza e se la sua morte è collegata a quella del Re.
"Inoltre potremmo dover arrivare a sequestrare il latte di papavero alla speziale di paese: ci hanno riferito che c'è qualcuno che ne fa un grosso uso e questo potrebbe assottigliare le scorte che servono al cerusico di Corte." Quelle sono le ultime disposizioi per lei, così Danielle si alza, ma prima che se ne vada arriva un inaspettato complimento.
"Sei stata brava." Torna nel freddo pungente della notte domandandosi quando è stata l'ultima volta in cui Sir Ulfin le ha fatto un complimento e, inevitabilmente, dà la colpa al vino, mentre si domanda quanto possa essere rilevante quella questione del altte di papavero. Il Primo Cavaliere ha parlato di qualcuno altolocato che ne consuma troppo ma lei non saprebbe contro chi puntare il dito: non ha mai fatto uso di quella sostanza o di altre.
Il suo giro di ronda prosegue e, quando può, cerca di origliare le parole della Regina con la sua dama, ma senza ottenere nulla. Quel giro notturno viene interrotto bruscamente solo quando sente un concitato vociare dalla Corte e, poco dopo, vede dama
Lyonesse di Sennen scortata da Dreyfus e Lambert verso le prigioni. Suo marito,
Sir Eagramore di Sennen li segue con espressione truce ed alterata.
"La interrogheremo e, se non vorrà parlare, useremo i mezzi necessari." Quelle parole di Dreyfus le provocano un brivido lungo la schiena: da quando Dreyfus si lascia sfuggire simili affermazioni? Li raggiunge pressochè correndo.
"Mia moglie è una nobile e deve essere trattata di conseguenza!" "E così sarà" è il suo tempestivo intervento, colto al volo da Lambert che domanda alla donna se desidera dell'acqua o qualcosa di simile. Non ci vuole molto perchè la aggiornino: il Re la accusa di essere stata lei ad avvelenare la coppa.
"Avevate qualche motivo per voler far del male al Re? E c'è qualcuno che potrebbe avercela con Voi al punto di incastrarvi?" Danielle domanda n maniera quasi automatica, perchè la sua mente è già corsa a Nadja: è sicura che le accuse del Re siano arrivate al suo roecchio tramite quella bocca. Peccato che Danielle non sia così sicura che sia davvero lei la colpevole.
"La sconfitta brucia ancora ma no, non avevo motivi per volere il male del Re. Il mio desiderio è quello della Regina: istituire una Britannia dove regni la pace" L'interrogatorio non ha né capo né coda.
"È innocente, non è stata lei! Danielle vi prego,a scoltate!" Quella che arriva trafelata alle prigioni è la Duchessina Isotta che afferma di aver intravisto un uomo aggirarsi indisturbato attorno al tavolo del banchetto in un momento in cui non vi era nessuno.
"Nel momento in cui gli ho chiesto cosa stesse facendo è stato molto elusivo e poi è scappato via prima che potessi sincerarmi delle sue intenzioni. Dama Lyonesse non c'entra." La Duchessina non avrebbe ragioni per mentire o, quantomeno, questo crede Danielle e non pensa che il confabulare di lei con la Regina o con Nyneve possa in qualche modo essere una valida accusa.
"Sapreste riconoscerlo?" Alla rispsota affermativa della duchessina, lascia andare la dama di compagnia della Regina.
"Domani allora, con il favore del giorno, lo cecrcheremo: tenete gli occhi aperti: se doveste riconoscerlo, chiamate subito una delle mie guardie, me o qualche cavaliere." Lasciano tutti le prigioni, in tempo per vedere Padre Konrad che sta iniziando a benedire le armi di coloro che vogliono consacrarle al Signore e anche Lambert offre il suo scudo. Ferma accanto a Dreyfus, Danielle non resta ad assistere a tutta la cerimonia: ad un certo punto, semplicemente, si allontana: diretta ai suoi alloggi per cercare un pò di conforto nell'oblio del sonno. Se dovesse fare un bilancio di quella prima giornata, lo definirebbe disastroso: troppi morti per una sola notte nella cittadina che lei avrebbe dovuto proteggere.